La disfunzione erettile, come attenuare il problema e come risolverlo

Posted by admin on gennaio 9, 2011

La disfunzione erettile, chiamata in passato impotenza viene definita come “l’incapacità del soggetto di sesso maschile a raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto soddisfacente”.

Tale fatto può verificarsi saltuariamente e senza indurre problemi psicologici o gestionali, ma quando si ripete più volte e il difetto erettile diventa più importante per qualità e/o quantità allora si attivano le problematiche con essa connesse. La disfunzione erettile frequente induce sia questioni emotive che di relazione e spesso induce la riduzione dell’autostima con un rafforzamento dei processi disfunzionali. Le cause sono numerose e diverse e non tutte sempre chiare o semplici da dimostrare e quindi trattare. La disfunzione erettile peraltro non è la conseguenza inevitabile dell’invecchiamento.
L’incidenza della disfunzione erettile è di circa il 10% della popolazione occidentale generale, ma arriva al 50% nell’età compresa tra i 40 ed i 70 anni. Purtroppo la questione viene affrontata adeguatamente solo da una piccolissima parte degli uomini interessati in tutte le età ed in particolare negli uomini giovani, sia per minimizzazione che per timore o vergogna. Questo atteggiamento porta spesso al peggioramento del quadro complessivo che invece spesso può essere risolto anche abbastanza facilmente, se non sempre rapidamente, dopo la accurata diagnosi delle cause.

Si tratta di un disturbo che interessa milioni di uomini nel mondo alterandone la qualità della vita. In Italia si stima che circa 3 milioni di uomini ne siano affetti, con una prevalenza globale del 13% (pari al 2% tra 18 e 34 anni e del 48% oltre i 70 anni).

Viene distinta in primaria o secondaria rispettivamente se è manifestata fin dall’inizio dell’attività sessuale del soggetto o se è intervenuta in un secondo momento, dopo un periodo di attività sessuale soddisfacente. Si parla inoltre di disturbo generalizzato o situazionale a seconda se è sempre presente nell’attività sessuale dell’uomo o soltanto in determinate situazioni, attività o partner. Può infine essere di natura prevalentemente psicologica o organica.

Nell’ormai superato concetto di impotenza venivano distinte tre categorie di tale condizione tra le quali soltanto una corrisponde alla disfunzione erettile:

1. impotentia generandi – Caratterizzata dall’impossibilità di generare prole, ovvero causata da un’azoospermia o da un’anomalia degli spermatozoi; quindi incapaci di dar vita ad un embrione vitale
2. impotentia coeundi – impossibilità fisica di eiaculare, ma con una normale capacità erettiva. Spesso è causata da un’incapacità di formare lo sperma (aspermia), oppure a causa di un’interruzione dei dotti deferenti, impedendo così l’emissione all’esterno del seme. Può infine derivare dalla difficoltà nel raggiungere l’orgasmo che può essere causata da danni neurologici o più spesso da difficoltà psicologica con il nome di Disturbo dell’Orgasmo Maschile. Altra causa può essere l’assenza di sufficienti stimoli o insoddisfazione sessuale.
3. impotentia erigendi – È la più grave ed è caratterizzata dall’impossibilità fisica dell’organo di compiere l’erezione; quindi l’atto sessuale. In taluni casi potrebbe essere causata o accentuata, specie nei soggetti giovani, dalla presenza di un blocco psichico (come nel caso dell’ansia da prestazione).

Le cause possono riguardare numerosi fattori fisici e psicologici, spesso concomitanti e in reciproca intorno ai 60-65 anni, tra le più comuni vi sono l’ansia, la depressione, conflitti intrapsichici profondi ma anche lo stress e i condizionamenti ambientali[2]. Un ruolo centrale è assunto dalla cosiddetta “ansia da prestazione” che determina un effetto inibitorio sulle erezioni ed è frequente nei giovani alle prime esperienze sessuali o dopo il verificarsi di un primo fallimento nei rapporti sessuali. Altra causa può essere una scarsa intesa col partner. Una recente ricerca italiana ha individuato un significativo legame tra la disfunzione erettile e la difficoltà nel riconoscere ed esprimere le proprie emozioni o alessitimia[3] [4] . Le cause organiche possono essere di tipo endocrino (ipogonadismo, iperprolattinemia, sindrome di Cushing, carenza di somatotropina), di tipo vascolare (sia di natura venosa che arteriosa), di tipo neurologico (Parkinson, Alzheimer, traumi spinali, neuropatia periferica), legati a malattie croniche (diabete, insufficienza renale o epatica), derivanti dall’uso di farmaci (cortisone, psicofarmaci, antipertensivi) o da trattamenti medici (prostatectomia radicale, cistectomia, radioterapia per cancro prostatico). Sono stati infine riconosciuti numerosi fattori di rischio che aumentano la probabilità di insorgenza di una DE tra i quali l’età, il fumo, il consumo cronico di alcol e droghe, la carenza di esercizio fisico, l’ipercolesterolemia e l’obesità.

Le cause della disfunzione erettile

La disfunzione erettile ha cause organiche e psicologiche, entrambe agenti separatamente o in concorso tra loro o in differenti successioni temporali, anche sovrapponendosi le une alle altre.

* Malattie Vascolari
* Diabete
* Farmaci
* Squilibri Endocrini
* Cause Neurologiche
* Traumi e Chirurgia Pelvica
* Malattia di Peyronie
* Insufficienza Venosa
* Congestione Pelvica
* Cause Psicologiche e Stress

Malattie Vascolari – L’arteriosclerosi, ovvero l’irrigidimento e la restrizione delle arterie, causa la riduzione del flusso del sangue nella rete vascolare corporea, ma anche solo nelle arterie di apporto al pene, che porta alla riduzione dell’afflusso di sangue al pene e quindi all’impotenza erettile. E’ connessa all’età e pertanto è la ragione dell’impotenza nin circa il 60% degli uomini con più di 60 anni; tuttavia ci sono condizioni comportamentali che possono favorirla anche in soggetti molto più giovani, quali spesso sono i fumatori. I fattori di rischio maggiore in ordine di più importante azione sono il fumo, il diabete, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia.

Diabete – Questa malattia è dovuta alla carenza di insulina o al suo errato impiego da parte dell’organismo, per cui il livello di glucosio (il principale zucchero che l’organismo impiega e che circola nel sangue) nel sangue è alto e le cellule lo usano poco e male; la conseguenza è che i vasi, soprattutto quelli piccoli, si alterano riducendo il flusso di sangue e che ila conduzione degli stimoli nei nervi si altera impedendo la attività regolativa anche dei nervi che governano l’erezione.

Farmaci – Esistono numerosi farmaci che inducono direttamente o indirettamente le disfunzioni dell’erezione, compresi quelli per la cura dell’ipertensione, le patologie cardiovascolari, gli antidepressivi ed i tranquillanti, i sedativi, oltre ovviamente l’impiego continuo degli alcoolici, del fumo e delle droghe che nel medio-lungo periodo di tempo produce lesioni neurovascolari.

Squilibri Endocrini – Sono poco frequenti (meno del 5%) le cause ormonali responsabili delle disfunziooni erettive. La carenza del testosterone, meglio della sua forma attiva il diidrotestosterone (DHT), è molto rara e deve essere consistente (il livello ematico del testosterone deve essere minore di 2 ng/ml, del DHT minore di 30 pg/ml) può indurre la riduzione della libido (il desiderio sessuale) e della conseguenza risposta erettile. L’eccesso stabile di prolattina (oltre i 30 ng/ml in condizioni di rilasamento e assenza di assunzione di farmaci) induce la riduzione della risposta erettile con un meccanismo neurale ed endocrino abbastanza complesso.

Cause Neurologiche – Le lesioni del midollo spinale e le lesioni cerebrali, a causa dell’interruzione dei circuiti di controllo dell’erezione e degli stimoli sensoriali è responsabile, nei soggetti interessati e quando non sussitano anche altre cause, della disfunzione erettile. Tra queste le più frequenti sono comunque patologie gravi quali la paraplagia, l’infarto cerebrale, la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson e di Alzheimer..

Traumi e Chirurgia Pelvica – I traumi della regione lombosacrale e pelvica possono indurre lesioni nel midollo spinale corrispondente e nella rete neuronale pelvica cosicché, sia in modo temporaneo che definitivo, si determina la disfunzione erettile. Analogamente può accadere alla rete vascolare con riduzione del sangue in afflusso (arterioso) che aumento del sangue in deflusso (venoso). Gli interventi chirurgici al colon, in particolare al retto-sigma, alla prostata, alla vescica possono indurre lesioni alla rete neurovascolare pelvica con la conseguenza della disfunzione erettile: ciò può accadere per inevitabili ragioni tecniche o per carente cura nel preservare tale rete, tantoché la tendenza attuale è quella di cercare di conservarla il più possibile anche se non sempre è possibile o se la reazione riparativa postchirurgica riesce ad evitare il danno; i danni temporanei possono dare difetto dell’erezione per circa 2 anni regredendo totalmente o parzialmente anche in tempi minori. La cistectomia e la prostatectomia radicale conseguenti al cancro rimuovono i circuiti nervosi di controllo dell’erezione, ma non quelli relativi all’induzione dell’orgasmo, cosicché pur mancando la prima, non diviene carente il secondo, se non per pore ragioni psicodinamiche.

Malattia di Peyronie – E’ una poco frequente o rara condizione infiammatoria di natura non chiara (microtraumi ripetuti, reazioni auto/disimmuni, alterazioni metaboliche locali) che produce riparazioni cicatriziali retrattive che rendono rigida la zona interessata dei corpi cavernosi impedendone l’espansione erettile; quando è localizzata in una piccola area induce ipercurvatura con concavità dalla parte della lesione; quando più estesa induce un difetto nell’espansione del/dei corpi cavernosi e relativa disfunzione erettile. La rigidità può indurre anche un consistente dolore anche per lesioni piccole che generano disfunzione erettile di tipo protettivo.

Insufficienza Venosa – Quando le vene ed il loro sistema di valvole non sono in grado di trattenere il sangue nel pene, l’erezione si attiva, ma non rimane stabile. Le ragioni di tale effetto sono dovute a lesioni venose determinate da cause diverse sia organiche che psicodinamiche.

Congestione Pelvica – La rete venosa pelvica drena il sangue dal retto-sigma, dai testicoli, dalla prostata, dalla vescica ed è una rete di sfogo delle tensioni venose dell’addome superiore (fegato e milza in particolare). I processi disfunzionali ed infiammatori di tali organi, in particolare del retto-sigma e della prostata inducono, generalmente sui tempi medi, la congestione venoso-linfatica dell’area con determinazione dello squlibrio circolatorio e dei meccanismi di drenaggio cosicché si attivano stimoli protettivi e meccanismi di carente tenuta venosa che portano alla disfunzione erettile o al suo opposto acuto (erezione persistente con trombosi dei corpi cavernosi, il priapismo) che poi rievolve in insufficienza venosa. Alla disfunzione erettile può essere associata la presenza di emorroidi.

Cause Psicologiche – La depressione, i sensi di colpa, le preoccupazioni, lo stress, l’ansia concorrono ad inibire la risposta erettile e della libido (desiderio sessuale). Frequentemente ciò è dovuto alla comparsa di disfunzione erettile per una o più delle cause precedenti, attivando il quadro persistente di disfunzione erettile da paura per la prestazione… una specie di circuito che tende a chiudersi su sé stesso. Tale situazione finisce per amplificare le vere ragioni della disfunzione erettile.

La diagnosi della disfunzione erettile

La accurata valutazione clinica, dei dati storici e comportamentali, terapeutici precedenti ed in corso danno indicazioni relative alle possibili cause che poi devono essere indagate con gli specifici esami in relazione a quanto emerso come maggiore probabilità prima e per passi successivi per le ragioni meno probabili. La accurata sintesi dei dati raccolti consentirà di definire il quadro complessivo, senza sottovalutazioni, da sottoporre a terapia.

Esami sul sangue e sulle urine – I test sul sangue possono essere utili per determinare le condizioni generali che interferiscono con la capacità erettile: ove le condizioni cliniche lo richiedano possono essere determinati i livelli ormonali (testosterone. DHT, LH, FSH, prolattina, talvolta degli ormoni tiroidei) in almeno 3 campionature, tenendo conto degli stati di stress; i livelli di colesterolo e trigliceridi, di glucosio, le transaminasi e la bilirubina, il profilo proteico, il livello di creatinina. Altri parametri utili sono l’esame delle urine e l’emocromo. Tutti i test indicati servono a verificare le eventuali ragioni extragenitali della disfunzione erettile.

Test di funzionalità erettile – sono i test che verificano il flusso di sangue nel pene e nei vasi di afflusso e deflusso (rete perlvica ed iliaca), la conduzione degli impulsi nei nervi, il tono muscolare, lo stato strutturale dei tessuti penieni e degli organi dell’area pelvica:

* Ecografia Dinamica Peniena – si esegue la valutazione ecografica della struttura e dei flussi ematici del pene in flaccidità e in erezione indotta con l’iniezione intracavernosa di un vasodilatatore (papaverina o prostaglandina) in dose opportuna; ciò consente anche di verificare il tempo di reazione per ottenere l’erezione ed il tempo di cessazione e/o riduzione della stessa.
* Cavernosografia Dinamica – in casi particolari o in presenza di dubbi di tipo strutturale o relativi al deflusso venoso si esegue iniettando nei corpi cavernosi prima il mezzo di contrasto in flaccidità e registrando le immagini radiografiche, poi iniettando il vasodilatatore (papaverina o prostaglandina) in dose opportuna per ottenere l’erezione e registrando le immagini radiografiche in erezione. Può essere associata all’uretrografia retrograda ove vi siano da accertare possibili difetti strutturali dell’uretra.
* Conduzione dei nervi penieni – sono test che applicano stimoli in grado di verificare se la reattività dovuta alla buona conduzione sia presente: comprimendo il glande lo sfintere anale si deve contrarre se tutto funziona bene. Per situazioni più specifiche o ove il test reattivo dimostri tempi di lunga latenza si provvede con elettrostimoli a mezzo di elettrodi opportunamente applicati così da registrare i difetti di conduzione sia sensoriale che effettrice. Può essere applicata una vibrazione elettromagnetica registrando la sua percezione ai diversi livelli del pene in relazione a differenti intensità: la carenza di percezione è un indice di difetti della trasmissione nei nervi sensitivi.
* Rilevazione delle erezioni notturne (NPT) – poiché durante un sonno tranquillo e soprattutto nelle fasi REM si hanno circa cinque erezioni spontanee, la loro rilevazioni è un indice di buona funzione degli eventi automatici, quantomeno di buona conduzione nervosa e di buon flusso del sangue; tuttavia poiché i meccanismi di induzione erettiva nel sonno e nella veglia sono differenti, tale rilevazione non è necessariamente significativa per questioni puramente psicodinamiche ed è utile solo qualora siano totalmente assenti altre ragioni organiche. Questo tipo di erezioni si attiva circa ogni 90 minuti e possono durare anche circa 30 minuti: in generale la loro presenza garantisce che almeno questioni neurovascolari di rilievo siano assenti, ma non che siano assenti ragioni organiche. La registrazione può essere eseguita con fascette a strappo che resistono a tensioni differenti e quindi la capacità tensiva erettile è data da quelle che si spezzano, oppure con fascette connesse ad un elettrodo di registrazione (in generale una alla base ed una sotto al glande) che registrano la tensione indotta sul sensore contenuto nella fascetta.

Esame della prostata e dei testicoli – entrambi gli organi devono essere valutati con cura poiché alterazioni strututrali e funzionali possono essere alla base di una disfunzione erettile. Frequente è la disfunzione erettile dovuta a congestione della prostata per processi infiammatori in quanto questi modificano sia i flussi di sangue, in particolare la rapidità di deflusso che può aumentare, che l’efficacia della trasmissione degli impulsi nei nervi.

Il trattamento della disfunzione erettile

Il trattamento terapeutico può essere articolato in diverse soluzioni e deve sempre prevedere le eventuali terapie per le patologie connesse o sottostanti di tipo organico riguardanti altri organi siano essi genitali o di altri distretti: queste andranno risolte o riequilibrate prima o contemporaneamente al trattamento specifico per la disfunzione erettile.

Terapia sessuologica – un significativo numero di uomini sviluppa una disfunzione erettile su base psicologica e/o comportamentale e/o relazionale, le cui ragioni devono essere sempre poste in evidenza; In relazione alle ragioni evidenziate è necessario intervenire ai diversi livelli, o tramite il semplice confronto dialettico, o con l’iinsegnamento di attività di deconcentrazione e recupero delle percezioni sensoriali corporee, o con percorsi shiatsu-ayurvedici opportuni per il riequilibrio ed il rilassamento, o con un lavoro di recupero della comunicazione di coppia, ma anche ove sia strettamente necessario delegando la terapia allo psicologo.

Terapia immunotissulare (SAT) – l’immunoterapia è basata sulla somministrazione (per supposte o talvolta per microiniezioni intradermiche della componente Fab di anticorpi antitissulari specifici (ottenuti da cavalli opportunamente allevati, sensibilizzati con estratti da organi suini, i più simili per composizione a quelli umani) che agiscono sui tessuti bersaglio riequilibrando la funzione alterata; lo schema di somministrazione dipende dalle cause che inducono la disfunzione erettile così da agire sulle diverse componenti siano esse neuroendocrine, vascolari o peniene; il trattamento richiede generalmente almeno 3-6 mesi e le scelte devono essere eseguite da un andrologo esperto di tale terapia.

Terapia farmacologica orale – I due farmaci principali utilizzati per somministrazione orale sono il sildenafil (Viagra®) e la yohimbina (Yohimbine®, Yocon®): entrambi non sono induttori dell’erezione, ma sostenitori della stessa.
Il sildenafil migliora e concorre a sostenere l’erezione indotta normalmente poiché inibisce l’enzima (la 5-fosfodiesterasi) che degrada il cGMP necessario al mantenimento del messaggio biochimico per l’erezione; in tale modo induce il rilassamento dei muscoli lisci vascolari dei corpi cavernosi facilitando l’afflusso di sangue e la conseguente distensione dei corpi cavernosi stessi. Il farmaco è rapidamente assorbito e poi metabolizzato cosicché deve essere assunto circa 60 minuti prima dell’amplesso e comunque con la stimolazione erettiva in atto; il suo effetto può mantenersi per 180 minuti, sempre che le condizioni induttive (gli stimoli e la predisposizione) siano attivi ed efficaci, tanto che la sua utilità è bassa quando questi mancano o sono alterati da altre patologie; la selettività del farmaco non è elevata cosicché gli effetti collaterali sono numerosi e talvolta pericolosi per cui va assunto solo in caso di reale necessità e sotto attento controllo andrologico, ma anche cardiologico quando sia necessario; va assunto a stomaco vuoto e la sua attività aumenta drasticamente per persistenza in circolo nelle patologie renali e epatiche; è necessaria elevata attenzione in caso di assunzione di altri farmaci, droghe o alcool o in caso di patologie strutturali del pene perché può accentuarle o dare luogo a priapismo (erezione persistente da trombosi venosa). Il Tadalafil è una variante molecolare che ha una azione più prolungata nel tempo per una meno rapida metabolizzazione, ma mantiene tutte le problematiche del sildenafil e accentua alcuni rischi tra cui quello della persistenza erettiva che può portare a priapismo.
La yohimbina migliora e concorre a sostenere l’erezione indotta normalmente poiché induce il blocco dei recettori alfa-2-adrenergici riducendo così la vasocostrizione, il tutto in modo abbastanza modesto; viene assorbita e metabilizzata molto rapidamente cosicché deve essere assunta 30 minuti prima dell’amplesso e comunque con la stimolazione erettiva in atto; il suo effetto può mantenersi per 60 minuti, sempre che le condizioni induttive (gli stimoli e la predisposizione) siano attivi ed efficaci, tanto che la sua utilità è bassa quando questi mancano o sono alterati da altre patologie;ha anche una moderata azione a livello nervoso centrale sui circuiti responsabili della libido; la moderata efficacia del farmaco ed il basso livello di effetti collaterali consente di impiegarlo più per un trattamento di fondo su medio periodo (2-3 mesi) che non per un trattamento ad azione immediata; in ogni caso va assunto solo in caso di reale necessità e sotto attento controllo andrologico.

Terapia farmacologica autoiniettiva – L’autoiniezione comporta l’impiego di un ago sottile e corto per iniettare il farmaco direttamente in uno dei corpi cavernosi, subito sotto al glande e lateralmente; il farmaco induce l’erezione in 10-30 minuti, la quale può durare anche molte ore. I due farmaci principali utlizzati sono la prostaglandina, PGE1 o alprostadil, (Caverject®) e la papaverina (Papaverina Hé Teofarma®) che sono induttori dell’erezione per azione diretta di vasodilatazione nei corpi cavernosi, dove prevalentemente si esaurisce la loro azione, entrambi ottenendo il rilassamento dei muscoli lisci dei vasi e quindi consentendo un elevato stato di afflusso del sangue; uno stato di stress consistente, anche non evidente, può impedire l’azione dei due farmaci per in quanto la liberazione di adrenalina agisce come potente vasocostrittore, tanto che l’iniezione endocavernosa di adrenalina viene impiegata come antidoto in caso di eccesso nel tempo di erezione indotto. Poiché la via è iniettiva, va posta particolare cautela nella disinfezione e l’iniezione ripetuta con elevata frequenza potrebbe dare luogo a cicatrici retraenti o reazioni fibrose con innesco di IPP (induratio penis plastica). L’alprostadil è anche somministrabile per via uretrale con apposito gel o supposta, ma l’efficacia è molto più bassa e il fastidio spesso molto più alto.

Pompa a vuoto – E’ costituito da un cilindro di plastica che viene sigillato con una guarnizione alla base del pene ed è connesso ad un aspiratore manuale all’altro estremo (dal lato del glande) così da generare ill vuoto nel cilindro e favorire l’afflusso di sangue verso il pene per differenza di pressione; una volta che il sangue ha gonfiato il pene è la sua pressione che lo mantiene all’interno del pene stesso e il cilindro può essere rimosso lasciando un anello di gomma a tenuta alla base del pene che evita lo svuotamento, ma che deve essere rimosso al massimo dopo 30 minuti, pena il rischio di lesioni da compressione e l’innesco di reazioni di trombosi e microemorragie nella struttura del pene con i conseguenti danni; se mal posto dà luogo a flaccidità tra esso e la base del pene impedendo l’autostentamento. Funziona meglio se sia almeno possibile avere una parziale erezione spontanea che non raggiunge il massimo a causa di insufficienze di tenuta venosa.

Protesi peniene intracavernose – sono indicate quando la disfunzione erettile non può essere trattata o non dà assolutamente esiti positivi con i trattamenti precedenti e dopo aver risolto le patologie collaterali; talvolta rimangono l’unica soluzione possibile a seguito di interventi chirrugici demolitivi per tumori o riparativi per macrotraumi pelvici. Le tipologie di protesi attualmente in uso sono due: le protesi gonfiabili e le protesi mallealibili. Le prime sono costituite da due camere cilindriche connesse, con una valvola inserita nello scroto) ad un serbatoio inserito nell’addome; è utilizzabile altresì un modello che compatta il serbatoio e le camere in una unica struttura endocavernosa: la valvola fa affluire il liquido del serbatoio nelle camere che si gonfiano inducendo una erezione abbastanza rigida, oppure fa defluire il liquido delle protesi nel serbatoio riportando la flaccidità. Le seconde sono costituite da cilindri a terminazione conoide di silicone con un’anima in metallo costruita con tecniche differenti che consentono di rendere più o meno rigida la protesi e quindi di ottenere una discreta rigidità o una discreta flaccidità; è evidente che il pene mantenga comuqnue uno stato semirigido legato alla prsenza delle protesi. In entrambe la consistenza del pene è ovviamente minore ed in quelle malleabili lo è ancora meno; entrambe lasciano il glande poco turgido essendo solo possibile una sua tensione ove il flusso ematico naturale sia ancora un poco adeguato. La scelta del tipo di protesi dipende da molti fattori, tra cui il costo e la possibilità di impianto dell’uno o dell’altro modello, fatto che deve essere discusso con l’andrologo.

Chirurgia vascolare ricostruttiva – la soluzione chirurgica vascolare ha indicazione molto specifica e quindi per casi particolari sia per il rischio chirurgico sia per i possibili danni alla rete nervosa di controllo, sia per la possibile formazione di tessuto cicatriziale e pertanto ha scarsa e prevalente applicazione sperimentale. In alcuni e ben specifici casi può essere utile la rivascolarizzazione peniena utilizzando protesi vascolari artificiali o naturali che riportino un corretto ed adeguato flusso di sangue al pene; alternativamente è possibile costruire un ponte tra i vasi per i corpi cavernosi ed una arteria derivata dalla radice della coscia; in particolare l’applicazione potrebbe essere utile in soggetti giovani con uno specifico blocco arterioso. In alcuni casi di insufficienza venosa primaria dei corpi cavernosi, comunque come ultima scelta terapeutica, si può procedere alla legatura delle vene insufficienti alla base di ciascun corpo cavernoso; il successo di tale intervento è modesto e può dar luogo a priapismo o ad instabilità nel medio-lungo periodo.

Terapia naturopatica – la buona reattività erettile è anche strettamente dipendente dalle scelte nutrizionali e dallo stile di vita; scelte nutrizionali errate, quali cibi troppo elaborati o trattati, alimentazione troppo rapida e poco digeribile, carente di frutta e verdura sono spesso alla base della disfunzione erettile; uno stile di vita caratterizzato dall’uso eccessivo o continuo di alcoolici, dal fumo e dall’uso di droghe di ogni tipo (soprattutto quelle cosidette ricreative), dallo stress e dal sovraffaticamento o dall’eccesso di competizione è spesso alla base della disfunzione erettile. Entrambi possono essere coesistenti amplificando i modesti effetti di parziali condizioni negative. La correzione di questi due aspetti costituisce la terapia naturopatica e il riequilibrio nutrizionale associato alla modifica dello stile di vita spesso ricostituisce la normale funzione erettile senza altro aggiungere. In ogni caso fossero presenti altre condizioni patologiche la loro terapia troverà elevato beneficio da tale recupero.

Dal momento che molto spesso sia la disfunzione erettile che la sindrome metabolica (con i conseguenti diabete mellito tipo 2 e obesità) sono causati da ipogonadismo (carenza di testosterone), queste patologie sono molto spesso presenti nello stesso individuo.

Il trattamento elettivo nei casi in cui il disturbo sia di origine psicologica è la psicoterapia e in particolare la terapia sessuologica quale approccio specifico focalizzato sulla soluzione del sintomo nel breve periodo (il professionista di riferimento è lo psicoterapeuta – sessuologo). Nei casi di disfunzione erettile di origine organica sono primariamente utilizzati i farmaci inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 con assunzione orale (Sildenafil, Tadalafil, Vardenafil) e il trattamento ormonale (testosterone) solo nel caso di oggettivabili cause endocrine. Tra le opzioni terapeutiche di secondo livello, scelte in genere quando risultano inefficaci o controindicati i farmaci orali, vi sono i farmaci vasodilatatori (come quelli a base di prostaglandine) da assumere attraverso iniezioni locali prima dell’atto sessuale (lo specialista di riferimento è l’urologo – andrologo).

Categories: Problemi fisici
9gen

Eiaculazione precoce, quali le tecniche per combatterla e i rimedi per curarla

Posted by admin on gennaio 9, 2011

L’eiaculazione precoce (in latino ejaculatio praecox) può essere definita come la difficoltà o incapacità da parte dell’uomo nell’esercitare il controllo volontario sull’eiaculazione.

È considerata il disturbo sessuale maschile più diffuso, in quanto affligge il 25%-40% degli uomini.

Viene distinta in primaria o secondaria rispettivamente se è manifestata fin dall’inizio dell’attività sessuale del soggetto o se è intervenuta in un secondo momento, dopo un periodo di attività sessuale soddisfacente. Si parla inoltre di disturbo generalizzato o situazionale a seconda se è sempre presente nell’attività sessuale dell’uomo o soltanto in determinate situazioni, attività o partner.

Secondo Masters & Johnson un uomo soffre di eiaculazione precoce se eiacula prima che il partner raggiunga l’orgasmo in più della metà dei rapporti sessuali. A questa definizione, si sono susseguite altre interpretazioni del fenomeno, che correlano la precocità dell’eiaculazione alla durata del rapporto sessuale, al numero di spinte coitali, alla percezione di controllo sull’eiaculazione, disgiungendo la diagnosi del fenomeno dalla soddisfazione della partner e dalla sua possibilità di raggiungere l’orgasmo (anche perché nelle coppie stabili entrambi i partner possono essere affetti da disturbi della sessualità, che nella donna possono ritardare e/o inibire l’eccitazione o l’orgasmo).

Le cause dell’eiaculazione precoce possono essere individuate sia in disturbi di tipo organico (prostatite, vescicolite, etc.), sia in problematiche più complesse e multifattoriali, di tipo psicologico e sessuologico, che possono riguardare il singolo soggetto o la coppia nel suo insieme. Recentemente secondo i principi dell’Evidence Based Medicine è stato proposto un modello interpretativo focalizzato sul tempo di latenza eiaculatoria intra-vaginale (IELT); si ritiene così di poter definire come affetto da eiaculazione precoce colui il quale eiacula, mediamente, in un tempo inferiore al minuto rispetto all’inizio della penetrazione. Appare tuttavia evidente come tale modello non sia sufficiente a contenere i numerosi casi di insoddisfazione di coppia associati ad una tempistica superiore al minuto ma ritenuta inadeguata dall’uomo e dalla partner.

Il trattamento elettivo è quello psicosessuologico che consente lo sviluppo di una maggiore competenza nel gestire i tempi dell’orgasmo, ad esempio mediante la tecnica dello “stop and go”. I trattamenti medici non offrono invece una soluzione definitiva e prevedono attualmente l’utilizzo di anestetici locali o l’assunzione di psicofarmaci (in particolare SSRI) che hanno, tra gli effetti collaterali, quello di ritardare l’orgasmo.

Quali le cause dell’eiaculazione precoce?
Sono per lo più dovute a fattori psicologici e solo raramente dovute a problemi fisici o strutturali. Depressione, ansia, stress, conflitti con il partner sono tutti fattori che vanno ad influenzare la sfera sessuale; ad esempio, se avviene all’inizio di una relazione, all’origine vi può essere un eccesso di ansia o una sovraeccitazione; in altre situazioni anche il senso di colpa può intervenire a disturbare la prestazione o un’educazione troppo restrittiva verso il sesso. Anche se si tratta di casi più rari, le cause possono essere anche mediche (ad esempio una malattia sottostante, quale una prostatite o lesioni del midollo spinale, disturbi urogenitali, patologie vascolari e degenerative, tumori, squilibri ormonali), farmacologiche (alcuni farmaci come la morfina o il metadone, inibiscono l’eiaculazione), neurologiche.

Consigli e utili suggerimenti per superare il problema
- Può essere utile, al momento del rapporto, distrarre il pensiero dirigendolo su qualcosa che non abbia a che fare con il sesso (es. ripetere l’alfabeto o la formazione della propria squadra di calcio) così da ritardare l’eiaculazione.

- Prendere confidenza con il proprio corpo e le sue sensazioni; individuare i momenti che precedono il climax finale. Si tratta di un processo di apprendimento e controllo.

- Buona cosa trovare la giusta confidenza con il partner, accantonare stress e tensioni. Infatti il problema puoò comparire solo all’inizio che non si conosce bene la partner.

- La tecnica dello “stop and go”. Un suggerimento può essere esercitarsi a procedere la stimolazione sessuale fino a che si riconosce di essere sul punto di eiaculare; quindi fermare la stimolazione per 30 secondi prima di riprederla nuovamente. Si può fermare e riprendere più volte, fino a quando si desidera reinviare il momento dell’eiaculazione. Per fare ciò occorre un controllo del proprio livello di eccitazione. La pratica si può effettuare sia con la stimolazione manuale che durante il rapporto, ma è consiglibile prendere confidenza con questo esercizio iniziando con sé stessi.

- La tecnica di “compressione”. E’ un altro possibile metodo: procedere con la stimolazione sessuale fino ad essere sul punto di eiaculare, quindi l’uomo o la partner dovrà premere delicatamente la punta del pene per alcuni secondi prima di riprendere. Anche qui si può ripetere la manovra finché non si raggiunga il momento desiderato.

- In alcuni casi potrebbero essere utili i farmaci. I più diffusi sono gli inibitori dei recettori della serotonina, che hanno l’effetto collaterale di prolungare il tempo necessario per raggiungere l’eiaculazione. Anche creme anestetiche locali per ridurre la stimolazione del pene, possono servire a prolungare il tempo che precede l’eiaculazione, o utilizzare una barriera che limita la sensibilità del pene, quale il preservativo – magari ad effetto ritardante.

Chi soffre di eiaculazione precoce ha grandi possibilità di vedere risolto il proprio problema. Se il problema persiste col tempo è consigliato rivolgersi, senza timori o imbarazzo, al proprio medico o ancor meglio da un andrologo.

Categories: Problemi fisici
9gen

La prostatite: quali i sintomi, quali le cause e le cure

Posted by admin on febbraio 25, 2010

Per prostatite si intende qualsiasi forma di infiammazione della ghiandola prostatica. Poiché le donne sono sprovviste di tale ghiandola si tratta di una sindrome che colpisce esclusivamente il sesso maschile, nonostante ciò le donne possiedono delle microscopiche ghiandole periuretrali, definite ghiandole di Skene, site nell’area prevaginale in prossimità dell’uretra, che sono considerate l’omologo della prostata e possono causare una simile sintomatologia.

Sintomi
I soggetti affetti da prostatite acuta riferiscono brividi, febbre, dolore alla schiena e nell’area genitale, frequenza ed urgenza urinaria spesso durante la notte, bruciore e fastidio durante la minzione, dolenza diffusa ed una infezione del tratto urinario, evidenziata, a seguito di analisi di laboratorio, dalla presenza di leucociti e batteri nelle urine. Possono essere presenti secrezioni dal pene. Una evenienza relativamente comune è rappresentata dalla ritenzione acuta d’urina, dovuta al fatto che l’infiammazione determina un restringimento del primo tratto dell’uretra (l’uretra prostatica). Il Paziente cerca di urinare ma non ci riesce, e ha forti dolori alla parte bassa dell’addome. In questo caso per drenare l’urina è necessario mettere un tubo che dalla parete anteriore dell’addome va in vescica, e lasciarlo finché la malattia non è guarita. È sconsigliato l’uso del catetere in quanto può rendere più grave la malattia determinando una ulteriore irritazione sull’uretra prostatica.

Diagnosi
La prostatite acuta è relativamente facile da diagnosticare poiché tutti i sintomi suggeriscono una infezione. I batteri più comuni sono Escherichia Coli, Klebsiella, Proteus, Pseudomonas, Enterobatteri, Enterococco, Serratia e Stafilococco aureo. Tali infezioni possono rappresentare una minaccia per alcuni pazienti e può essere necessaria l’ospedalizzazione con la somministrazione di antibiotici per via endovenosa. Un emogramma può rivelare un incremento dei leucociti nel sangue. La prostatite acuta porta assai raramente ad una setticemia, ma ciò può avvenire in pazienti immunodepressi; in tal caso febbre alta e malessere generalizzato portano ad una coltura ematica, che è spesso positiva.

Terapia
Gli antibiotici rappresentano il trattamento di prima linea nella prostatite acuta (Cat I). Gli antibiotici, di norma, risolvono l’infezione in un periodo di tempo molto breve. Deve essere utilizzato un antibiotico appropriato al batterio causa dell’infezione scelto a seguito di antibiogramma. Alcuni antibiotici presentano uno scarso indice di penetrazione nella capsula prostatica, altri, come la Ciprofloxacina, penetrano bene. Pazienti gravemente ammalati possono necessitare dell’ospedalizzazione, mentre di norma i pazienti in condizione di salute accettabile possono essere curati restando a casa nel letto, utilizzando analgesici ed avendo cura di mantenere una buona idratazione.

Prognosi
Nella maggior parte dei casi la prognosi è positiva con un recupero completo senza conseguenze negative successive.

Problemi legati alla prostatite
* Disturbi di minzione (disuria, nicturia, pollachiuria, stranguria)
* Disturbi di erezione
* Disturbi di eiaculazione (possibile dolore, eiaculazione precoce)
* Infertilità

La prostatite consiste nell’infiammazione della ghiandola prostatica. Si tratta di una malattia che colpisce circa il 10 % degli uomini sessualmente attivi.
La prostata è la ghiandola che svolge funzioni di:
- Difesa dei testicoli e del condotto urinario superiore;
- Produzione di liquido spermatico;
- Distruzione ed eliminazione degli spermatozoi vecchi (che hanno, cioè, più di 30 ore).

La prostatite è una malattia che mette a rischio le normali funzionalità della prostata, compromettendone il corretto funzionamento.

Le cause della prostatite
I fattori che scatenano la prostatite sono molteplici e talvolta possono agire contemporaneamente, dando luogo a diverse forme di prostatite. Le principali cause della prostatite possono essere:
- Microrganismi: germi e batteri, che risalgono il condotto urinario e si depositano nella prostata. Costituiscono la causa più comune e diffusa di prostatite.
- Alimentazione: un’alimentazione scorretta o irregolare può intossicare l’organismo; anche la prostata risente di tale intossicazione, con il rischio di perdere alcune delle sue funzioni.
- Disfunzioni intestinali: irregolarità nell’evacuazione e problemi all’intestino possono causare congestione pelvica e conseguente infiammazione della prostata.
- Fumo: la nicotina è un vasocostrittore. Questo significa che l’afflusso di sangue all’organo sessuale maschile può essere reso difficoltoso o quasi assente. In assenza di flusso sanguigno, la spermiogenesi e l’attività della prostata possono essere compromesse.
- Stress: la tensione favorisce la diminuzione delle difese dell’organismo.
- Astinenza eiaculatoria: la mancata eiaculazione per lunghi periodi fa sì che il liquido spermatico vecchio non venga espulso, così da aumentare i residui tossici che possono essere dannosi per la prostata.
- Patologie uretrali o prepuziali: le infezioni a carico dell’uretra possono estendersi alla prostata. Allo stesso modo anche le disfunzioni prepuziali (fimosi e parafimosi) possono condurre a processi infiammatori che coinvolgono anche la prostata.
- Patologie neurali: disfunzioni neurali possono ridurre o eliminare gli stimoli nervosi responsabili del normale funzionamento della prostata.

Forme di prostatite
La prostatite può manifestarsi in diversi modi, a seconda della causa che l’ha scatenata, alla sintomatologia e al tipo di cure richieste. La prostatite è classificata in:
- Tipo I – Prostatite acuta batterica: prostatite causata da batteri, di durata non lunga.
- Tipo II – Prostatite cronica batterica: la causa è sempre di origine batterica, ma questo tipo di prostatite si differenzia dal primo perché prolungata nel tempo. È una malattia relativamente rara (meno del 5% dei pazienti con problemi prostatici).
- Tipo III – Prostatite cronica abatterica: chiamata sindrome dolorosa pelvica cronica (CPPS), è caratterizzata da durata prolungata nel tempo e da cause di origini non batteriche. Spesso è legata a disfunzioni intestinali o a scorretta alimentazione.
- Tipo IV – Prostatite asintomatica/iposintomatica: forma di prostatite in cui vi è assenza totale o quasi totale di sintomatologia.

Sintomi della prostatite
I sintomi si differenziano a seconda del tipo di prostatite di cui il paziente è affetto:
- Tipo I – Prostatite acuta batterica: i sintomi più comuni sono febbre, brividi, dolore alla schiena e alle zone genitali. Spesso si accusa minzione frequente e urgente, talvolta accompagnata da bruciore e senso di fastidio. Possono presentarsi anche capacità erettiva ed eiaculatoria insufficienti a causa dell’infiammazione batterica, che può estendersi ai testicoli.
- Tipo II – Prostatite cronica batterica: come quella acuta, la prostatite cronica batterica presenta sintomi quali febbre, dolore e fastidio alle zone genitali, anche in fase di minzione, difficoltà eiaculatoria ed erettiva. Essendo però prolungata nel tempo, chi è affetto da prostatite cronica batterica può andare incontro ad una serie di complicazioni come cistiti, varicocele causato da congestione pelvica o disfunzioni nella produzione spermatica.
- Tipo III – Prostatite cronica abatterica (CPPS): prostatite caratterizzata da dolore pelvico di origine ignota, della durata ininterrotta di almeno 6 mesi, con periodi di miglioramento alternati a periodi di ricaduta. Il dolore può estendersi al retto e ai glutei, rendendo a volte fastidioso lo stare seduti. Dolore addominale, pelvico e muscolare, bruciore costante all’interno del pene possono denotare un aggravamento della malattia. L’eiaculazione può essere dolorosa a causa della contrazione della prostata. Spesso si risconta anche un’ipersensibilità del glande.
- Tipo IV – Prostatite asintomatica/iposintomatica: solitamente i pazienti non accusano dolori o disturbi all’apparato urogenitale se non qualche saltuario deficit erettile e ipersensibilità del glande. In questo caso la prostatite può essere diagnosticata soltanto tramite accurati esami (ecografia prostatica e testicolare, spermiogramma, talvolta esame istologico della prostata attravrso la biopsia).

Le cure
Le cure per la prostatite si differenziano parzialmente in relazione al tipo di prostatite di cui il paziente è affetto. Genericamente, però, la terapia si basa sulla somministrazione di antibiotici e sul controllo dell’alimentazione.
Di seguito le indicazioni più specifiche ad ogni tipo di prostatite:
- Tipo I – Prostatite acuta batterica: questo tipo di prostatite prevede la somministrazione di antibiotici; la scelta dell’antibiotico deve essere appropriata allo specifico batterio che ha causato l’infezione. A questo scopo è necessario effettuare esami mirati per l’analisi dei batteri. Alla terapia antibiotica può associarsi una cura con analgesici (in caso di dolore) accompagnata da abbondante idratazione.
- Tipo II – Prostatite cronica batterica: anche in questo caso la cura più appropriata è a base di antibiotici. La terapia antibiotica può prolungarsi nel tempo (4-8 settimane) perché la prostatite cronica richiede maggior tempo per la guarigione.
- Tipo III – Prostatite cronica abatterica (CPPS): secondo recenti studi, la causa scatenante della prostatite cronica abatterica è lo stress. Per questo motivo la terapia si basa su massaggi e tecniche di rilassamento per rilassare i muscoli colpiti. Rilassamento dei muscoli pelvici e anali, massaggi esterni e fisioterapia interna (per via anale) sono le tecniche maggiormente usate per la cura di questo tipo di prostatite.

Categories: Problemi fisici
25feb